JULIA PASTRANA
Marco Palena, Ivan Cenzi
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Premio Brightness Award 2020
Il sobbalzare di un carro tra la polvere, un villaggio che si allontana, annidato tra i monti, lo sguardo di una bambina che cerca un saluto, un gesto d’affetto da parte della madre che l’ha appena venduta. È con questo addio che si apre la storia di Julia, “Una donna perfetta, una creatura razionale, dotata di parola, cosa che nessun mostro ha mai posseduto. Un ibrido, in cui la natura della donna predomina sul bruto – l’orangotango. Nel complesso, l’essere più straordinario dei nostri tempi”, come la definì il medico che la visitò per primo.
Di Julia Pastrana, un’indigena messicana vissuta nell’Ottocento e divenuta celebre grazie al suo aspetto e alle sue doti di cantante e ballerina, abbiamo poche notizie certe che tuttavia non rivelano le sue emozioni e i suoi sentimenti. Possiamo solo immaginarli, e Ivan Cenzi lo fa con la delicatezza e la profondità consuete, affidando i suoi pensieri a un diario che non si interrompe nemmeno con la morte. Dall’infanzia infelice a Ocoroni agli anni trascorsi nella città di Sinaloa, dove riceve un’istruzione e impara a danzare, fino alle acclamate tournée in tutto il mondo, Julia ripercorre la sua vita e si sofferma sull’incontro che la cambierà per sempre: quello con Theodore Lent, suo impresario e marito. Colui che un giorno le sussurra all’orecchio le parole che non dimenticherà mai: “Hai il diritto di essere felice”.
Se la gentilezza d’animo di Julia Pastrana emerge con chiarezza dalle toccanti pagine di diario, le raffinate immagini in bianco e nero di Marco Palena, eseguite a tecnica mista (grafite, carboncino, pastelli e digitale) ci svelano il suo aspetto, a guisa di foto d’epoca, dando pieno risalto al contrasto tra le fattezze selvagge e l’eleganza dei modi. Ed è impossibile non rimanere incantati da questa creatura fragile e gentile, mentre capiamo chi sono i veri mostri, uomini abietti disposti a usare altri esseri umani al solo scopo di arricchirsi.
Una storia d’amore appassionata e controversa, un invito a guardare alla diversità senza pregiudizi e, soprattutto, uno straordinario ritratto di donna.
Ivan Cenzi è un esploratore del perturbante e un collezionista di curiosità.
Dal 2009 è curatore di Bizzarro Bazar, blog dedicato a tutto ciò che è “strano, macabro e meraviglioso”, diventato nel giro di breve tempo il punto di riferimento italiano per questo genere di tematiche. Nel corso degli anni Bizzarro Bazar si è occupato di wunderkammer, antropologia della morte, musei e collezioni anatomiche, storia del circo e delle fiere itineranti, scienza degli albori, arte classica e moderna, sessualità alternative e in generale tutto ciò che si trova ai margini della cultura.
Affianca al lavoro editoriale una fitta attività di conferenziere, e collabora con musei e università internazionali. Dal 2019 è docente per il master in Death Studies e per il corso di laurea in “Psicologia delle relazioni di fine vita” presso l’Università di Padova.
Ha contribuito a diverse testate, prefazionato pubblicazioni d’arte contemporanea e organizzato eventi culturali.
Con #logosedizioni ha pubblicato La veglia eterna. Catacombe dei Cappuccini di Palermo, De Profundis. Il cimitero delle Fontanelle di Napoli, Mors Pretiosa. Ossari religiosi italiani, Sua maestà anatomica. Museo Morgagni di Padova, Il pietrificatore. La collezione anatomica Paolo Gorini, Paris Mirabilia (disponibile anche in inglese e in francese), London Mirabilia (disponibile anche in inglese) e Julia Pastrana (disponibile anche in inglese).
Marco Palena nasce ad Atessa, in provincia di Chieti, e vive a Pescara. Si forma presso il liceo artistico e poi presso la facoltà di Architettura. In seguito inizia a interessarsi all’illustrazione per l’infanzia, ottenendo ben presto consensi e apprezzamenti in diversi concorsi. Viene selezionato per le edizioni 2011 e 2012 del concorso “Diritti a colori” e conquista il terzo posto al concorso internazionale “Disegni al sole” nel 2012. L’anno seguente vince il premio per il miglior albo illustrato 4-7 anni al 14° concorso internazionale “Syria Poletti: Sulle ali delle Farfalle” e il primo premio Illustramente. Nel 2016 si aggiudica il concorso indetto da #logosedizioni per la locandina “Librerie in fiore”. Nel 2017 vince il Premio Oro Categoria Pubblicità assegnato da Annual Illustratori Italiani e risulta vincitore agli World Illustration Awards in due categorie: New Talent Winner Advertising Category e Overall Winner New Talent.
Nel 2018 la giuria di Annual gli conferisce il Premio Toppi per l’opera Blind e nel 2019 il Premio Argento Categoria Editoria per l'illustrazione Il Barone Rampante, entrambe realizzate per la rivista ILLUSTRATI di #logosedizioni.
Julia Pastrana (Sinaloa, 1834–Mosca, 25 marzo 1860) è una donna realmente vissuta nel XIX secolo e divenuta celebre come “la Donna barbuta”, “la Donna più brutta del mondo” e “il Meraviglioso ibrido”. Della sua infanzia non si sa molto: si ritiene che sia nata in seno a una tribù di nativi americani sulle pendici occidentali del Messico e che sia stata trovata in una grotta insieme ad alcuni animali. Venduta a Pedro Sanchez, governatore dello stato di Sinaloa, in Messico, fu istruita nella sua residenza, dove lavorò come cameriera intrattenendo gli ospiti con il bel canto fino al giorno in cui venne venduta a un funzionario doganale. Successivamente passò al seguito dell’impresario J.W. Beach che, dopo averla fatta visitare da un medico, la condusse in tour attraverso gli Stati Uniti.
Fin da subito il pubblico rimase affascinato dalla strana creatura i cui modi raffinati colpivano soprattutto per il contrasto con il suo aspetto. Affetta da ipertricosi e ipertrofia gengivale, Julia era alta un metro e 38 cm, aveva il viso e il corpo ricoperti di peli fitti, lunghi e neri, una mascella sporgente e le gengive gonfie. Ma era capace di danzare con grazia, sapeva suonare la chitarra e con la sua voce da mezzosoprano cantava meravigliosamente sia in spagnolo sia in inglese. Era inoltre una donna molto colta che leggeva costantemente, spinta da un fervente desiderio di conoscenza. In breve tempo Julia divenne una star e, dopo aver riscosso ovunque successi in America, giunse in Inghilterra nel 1857 all’età di 23 anni, dove fu accolta con grande clamore.
Qui conobbe Theodore Lent, che lo stesso anno divenne il suo nuovo manager e suo marito. La coppia partì insieme per un fortunato tour attraverso l’Europa: da Berlino a Lipsia, a Vienna, in Polonia. A Mosca, Julia diede alla luce un bambino, anch'egli affetto da ipertricosi, che sopravvisse per soli tre giorni. Vittima di sepsi puerperale, la madre lo seguì cinque giorni dopo. Dopo aver fatto imbalsamare Julia e il bambino dal Professor Sukolov dell'Università di Mosca, Theodore Lent continuò a esibire le due mummie a Londra e in Europa. Nel 1880 sposò una donna straordinariamente somigliante a Julia e, dopo averla ribattezzata Zenora, la portò in tour presentandola come la sorella della sua prima moglie. Infine l’uomo cadde vittima di un crollo psicologico e morì in un sanatorio nel 1884.
Ma le spoglie di Julia non cessarono di viaggiare: insieme a quello del figlio, il suo corpo venne esposto in varie fiere in Norvegia dal 1921 fino agli anni Settanta e, dopo numerose altre peripezie, a partire dal 1990 fu conservato al Dipartimento di Anatomia di Oslo finché, nel 2013, grazie agli sforzi dell'artista Laura Anderson Barbata, del governatore Mario López Valdez e delle autorità norvegesi, venne portato da Oslo in Messico. Il 12 febbraio dello stesso anno, di fronte a centinaia di persone, la donna fu finalmente seppellita con rito cattolico a Sinaloa de Leyva.
Per sommi capi e con qualche dettaglio ancora controverso, è questa la storia di Julia Pastrana. Una storia nella quale, secondo la stragrande maggioranza delle fonti, Theodore Lent gioca il ruolo dello sfruttatore senza scrupoli che, dopo averla sposata per puro calcolo, continua ad approfittarsi della donna. Ma una crepa sembra inserirsi in questa interpretazione della storia se è vero che Julia, come scrive lo scienziato Jan Bondeson, pronunciò queste parole in punto di morte: “Muoio felice, sapendo che mi hanno amato per il mio bene”. Vera o falsa che sia, questa frase-testamento ci instilla qualche dubbio su una relazione che potrebbe essere più complessa di quanto appaia dal di fuori.
Da qui sembra partire Ivan Cenzi, che ripercorre la vita di Julia Pastrana e il suo rapporto con il marito-impresario affidando alla donna stessa il compito di narrare la propria storia in prima persona. Accompagnato dalle intense immagini di Marco Palena, realizzate a grafite ed elaborate digitalmente, che, a guisa di foto d’epoca, ci mostrano l’aspetto di Julia e degli altri personaggi, il racconto si snoda attraverso le pagine di un diario dal quale emergono la sensibilità e la nobiltà d’animo di Julia Pastrana, nonché la sua disponibilità ad accogliere con pienezza e passione tutto ciò che la vita le riserva.
“Sono mai stata bambina?”: inizia con questa domanda la prima pagina del diario, in cui con una punta di malinconia Julia descrive il villaggio dove è cresciuta. Ma i suoi ricordi d’infanzia sono tutt’altro che felici: ben presto conosce l’esclusione, il senso di non appartenenza, è ugualmente rifiutata dagli animali e dagli uomini, viene considerata una maledizione. Come un nahual formato solo a metà, non ha simili, appartiene a una specie imprecisata. Finché arriva anche l’esperienza dell’abbandono: la madre la vende a un emissario del governatore di Sinaloa, lasciandola partire senza un saluto. Da allora è lecito immaginare che Julia serbi dentro di sé la sua ferita di bambina rifiutata, una ferita che cercherà di guarire aprendosi all’amore.
Partendo dalla vicenda a noi nota, nelle pagine del diario di Julia Pastrana Ivan Cenzi dà nuovamente prova della sua sensibilità nell’indagare l’animo umano. Ci permette di guardare agli eventi dal punto di vista di Julia, avvicinandoci ai suoi stati d’animo, dallo stupore del viaggio alla diffidenza nei confronti del medico che la visita, dall’emozione del debutto all’entusiasmo per il successo. Ma, ai suoi esordi nel mondo dello spettacolo, Julia conosce anche una profonda solitudine: poiché per vederla è necessario pagare, i suoi impresari la costringono a viaggiare con il volto coperto da un velo nero e non le permettono di uscire a passeggio in mezzo alla gente. Finché, in quella che lei chiama “la sua notte senza stelle”, arriva uno squarcio di luce: l’amore, nella persona di Theodore Lent, un bel ragazzo dalla barba scura, che la guarda come se fosse qualcosa di sacro, come se da lei dipendesse la sua stessa vita. “Hai il diritto di essere felice” le sussurra una sera prendendola in disparte.
E per il ‘nondescript’, l’essere indefinito, la donna orso, la felicità inizia davvero: Julia racconta i giorni dell’amore con Theodore come una favola bella. Il tour riscuote straordinari successi ma, come è naturale che sia, a poco a poco l’interesse svanisce ed è necessario trovare un’idea per rilanciare lo spettacolo. Un nuovo nome per Julia sembra una buona soluzione, ma ne hanno già usati tanti: la Donna Scimmia, la Donna Orso, Lady Babbuino, l'Ibrido, la Semi-umana, l'Indiana Mangia-Radici, l'Anello Mancante, la Mezza Bestia... “Che ne dici di Mamma Orsa?” suggerisce alla fine Julia e lo sguardo che l’ha fatta innamorare torna di nuovo ad accendere gli occhi di Theodore. Ben presto Julia rimane incinta e affronta la nuova esperienza con gioia, scorgendovi la possibilità di un nuovo amore con cui guarire la ferita dell’infanzia. “Ripensai al mio villaggio, al carro che si inerpicava nella polvere, quando mi ero voltata indietro a guardare, ma mia madre non c'era. Io invece ci sarò, ripetevo al mio cucciolo – no, al mio bambino – io ci sarò. Saremo inseparabili” promette Julia e intanto prega che il figlio non sia come lei, mentre Theodore spera il contrario.
Dopo il parto vengono i giorni della febbre e, quando Julia viene informata che il figlio non ce l’ha fatta, si lascia andare a sua volta. L’ultima pagina di diario viene scritta post-mortem da colei che è ormai diventata un nahual a tutti gli effetti, quello che nella mitologia mesoamericana è considerato lo spirito buono, l’angelo guardiano nella forma di una animale. Ormai ha varcato il confine da cui riesce a vedere ciò che accade al suo corpo: l’imbalsamazione, il nuovo matrimonio e la morte di Theodore, il viaggio della propria mummia e di quella del figlio fino a una degna sepoltura.
Le resta una domanda, che è forse quella che ci poniamo tutti: la domanda in cui forse risiede il senso più profondo del vivere. Ovvero, se siamo stati amati. “Theodore mi amava veramente?” si chiede Julia e comprende che la verità non ha importanza. Conta solo ciò che viviamo. E allora sì, Theodore l’amava.
Francesca Del Moro
Dati Libro | |
Illustratore | Marco Palena |
Autore | Ivan Cenzi |
Collana | Bizzarro Bazar |
Anno di pubblicazione | 2019 |
Copertina | Cartonato |
Dimensioni | cm 21,0 x 28,0 |
Pagine | 48 |
Lingua/e | Italiano |
Peso | 0.47 kg |
Valutazione: