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La fragilità e la dolcezza del primo amore
La stanza di Lorenzo Mattotti è uno spazio indefinito, spoglio di riferimenti precisi, dove solo ogni tanto affiorano dettagli come la testiera di un letto, un cuscino, un rettangolo che potrebbe essere un quadro oppure una finestra. La stanza potrebbe trovarsi in qualunque luogo, in qualunque tempo, e possiamo vederne solo un’angusta porzione, quella immediatamente circostante i corpi di due innamorati distesi, stretti in un’inquadratura perfettamente incorniciata dal formato orizzontale delle pagine di taccuino. Spazio astratto che segna il perimetro del loro amore, lo definisce e lo protegge, la stanza è un rifugio che separa i due amanti dalla realtà, forse dalla loro stessa vita, sospendendoli in una dimensione senza tempo in cui esistono solo l’uno per l’altra, immersi in un’atmosfera satura di dolcezza e desiderio. Pagina dopo pagina, riviviamo così i momenti magici trascorsi con il primo amore, quelli dedicati all’esplorazione reciproca, quando la voglia e il timore di scoprire e farsi scoprire si mescolano all’inebriante sensazione di libertà nel potersi finalmente mettere a nudo. Si susseguono le ore passate sul letto a discutere, a guardarsi, a toccarsi, a lasciarsi andare a profumi e sensazioni. E si fa finta di litigare, si scherza, poi ci si addormenta, ci si bacia. Si trema. E si tenta di capire cosa pensi l’altro, soppesando ogni sua parola, ogni suo gesto: l’occhio che ti guarda, un sorriso, la schiena girata, la mano che scivola lentamente sulla pelle. È la grammatica dell’amore, che Mattotti schizza con rapidi tocchi ora netti e decisi, giocando con i chiaroscuri, ora più sottili a simulare effetti di luce, dando vita a un taccuino da sfogliare e risfogliare con lentezza, oppure velocemente per vedere le figure animarsi con effetto quasi cinematografico, con quella pagina vuota tra una tavola e l’altra che invita a risvegliare la memoria di emozioni passate, disegnandole, scrivendo un pensiero o semplicemente lasciando un segno.
La stanza appartiene a un periodo nella carriera di Mattotti in cui il suo grande amore per il fumetto si stava piano piano allargando verso altri territori, verso l’esplorazione di altri ritmi e strutture che non fossero quelli obbligati della narrazione, con un inizio e una fine. Nasce dunque come poema grafico libero dagli schemi e dalle convenzioni, un lento documentario in cui con occhio distante si percepiscono la dolcezza, la tensione, la curiosità, l’essenza della realtà. Ma soprattutto si indaga il tema fondamentale della scoperta dell’altro, che l’artista ha sviluppato in seguito con una varietà di tecniche nel volume Stanze, e che ancora oggi lo accompagna, sempre più forte e fecondo.
Lorenzo Mattotti vive e lavora a Parigi. Terminati gli studi di architettura, pubblica i suoi primi fumetti alla fine degli anni ’70 e, all’inizio degli anni ’80, fonda con altri artisti il collettivo Valvoline. Nel 1984 realizza Fuochi, che viene accolto come un evento nel mondo del fumetto e si aggiudica importanti premi internazionali. Il suo lavoro, da Incidenti a Stigmate, passando per Signor Spartaco, Doctor Nefasto, L’uomo alla finestra e numerosi altri titoli, evolve nel segno costante di una grande coerenza e, al contempo, dell’eclettismo di un artista che sceglie di esplorare continuamente nuovi territori. Oggi i suoi libri sono tradotti in tutto il mondo, mentre i disegni appaiono su riviste e quotidiani quali The New Yorker, Le Monde, Das Magazin, Süddeutsche Zeitung, Le nouvel Observateur, Corriere della Sera e la Repubblica. Nell’ambito della moda e del design, Mattotti interpreta i modelli dei più noti stilisti sulla rivista Vanity e, nel 2010, realizza tutte le copertine del mensile Domus. Illustra vari libri per l’infanzia, tra cui Pinocchio ed Eugenio, che nel 1993 si aggiudica il Grand Prix di Bratislava, uno dei massimi riconoscimenti nel settore dell’editoria per ragazzi. Realizza copertine, campagne pubblicitarie e manifesti, tra gli altri per il Festival di Cannes, nel 2000, e per l’Estate Romana. Nel 2002 pubblica Jekyll & Hyde e nel 2003 Il rumore della brina, entrambi per Einaudi e, nello stesso periodo, I manifesti di Mattotti (2002) e Angkor (2003) per Nuages; nel 2008 escono Appunti sul paesaggio per Tricromia e Le avventure di Pinocchio per la collana “I Millenni” di Einaudi; nel 2009 pubblica, per Orecchio Acerbo/Gallimard, Hansel e Gretel, le cui incredibili illustrazioni affiancano i testi di Neil Gaiman nell’edizione americana. Nel 2010, da una collaborazione con Lou Reed nasce l’opera The Raven (Il corvo, Einaudi, 2012). Mattotti lavora anche per il cinema: nel 2004, contribuisce al film Eros di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh e Michelangelo Antonioni, curando i segmenti di presentazione di ogni episodio; nel 2007 realizza uno dei sei episodi del film d’animazione collettivo Peur(s) du noir – Paure del buio; nel 2011 lavora alle sequenze animate del film di Charles Nemes, Il était une fois... peut-être pas e nel 2012 porta a termine gli sfondi e i personaggi del film d’animazione Pinocchio di Enzo D’Alò. Nel 2012 #logosedizioni inaugura la collana “Works”, con un primo volume dedicato alle illustrazioni a pastello, seguito dal volume dedicato al mondo della moda. Nel 2013, sempre per #logosedizioni, esce l’opera visionaria Oltremai che viene esposta alla Pinacoteca di Bologna. Nel 2014 realizza Vietnam per la collana “Travel Book” di Louis Vuitton e nel 2017 torna a collaborare con Jerry Kramsky, realizzando un nuovo graphic novel dal respiro epico, Ghirlanda (#logosedizioni). Ghirlanda vince il premio Gran Guinigi durante l’edizione 2017 di Lucca Comics & Games. Numerose le sue esposizioni personali, tra cui l’antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, al Frans Hals Museum di Haarlem, ai Musei di Porta Romana di Milano, fino alle più recenti, la retrospettiva Sconfini (2016–2017) e Covers for The New Yorker (2018), per le quali #logosedizioni ha curato i cataloghi. Nel 2018 #logosedizioni inaugura una nuova collana che ripropone in una nuova veste l’evoluzione artistica del Mattotti fumettista, a partire da L’uomo alla finestra e Stigmate. Recentemente Lorenzo Mattotti ha diretto il lungometraggio di animazione La famosa invasione degli orsi in Sicilia, tratto dal romanzo omonimo di Dino Buzzati, uscito nell’ottobre del 2019 e presentato al Festival di Cannes 2019 nella selezione “Un certain regard”. L’universo di Mattotti spazia ormai, senza soluzione di continuità, tra fumetto, pittura, illustrazione e cinema d’animazione.
Con #logosedizioni ha pubblicato: Venezia - Scavando nell’acqua (2011), Venezia - limited edition (2011), Mattotti Works 1 (2012), Oltremai (2013), Mattotti Works 2 -Moda/Fashion (2014), Nell’acqua (2016), Sconfini (2016), Stanze (2016), Oltremai - trade edition (2017), Ghirlanda (2017), La stanza (2017), Blind (2017), Covers for the New Yorker (2018), L’uomo alla finestra (2018), Stigmate (2018), Caboto (2018), Lettere da un tempo lontano (2019), La zona fatua (2019), Il signor Spartaco (2020), Romeo e Giulietta (2021) Riti, ruscelli, montagne e castelli (2021), Labirinti (2021), Città, incroci, amori e tradimenti (2022), Il rumore della brina (2023) e Fuochi (2024).
Un piccolo albo di dieci centimetri per ventuno. L’esatta riproduzione di un quaderno di semplici schizzi a matita. Solo un uomo e una donna e il muto dialogo dei loro corpi. Nessuna storia, in apparenza. Oppure la storia universale dell’amore. Che si riassume nel momento in cui si è soli, a tu per tu, ciascuno immerso, perduto nell’altro. In una vicendevole, lentissima scoperta. Nel “non luogo” in cui si trovano gli amanti il tempo e lo spazio non contano: si percepisce la presenza solida di un letto su cui poggiano i corpi, a volte affiorano elementi privi di qualsiasi caratterizzazione, stilizzati, come le geometrie delle pareti, un rettangolo che potrebbe essere una finestra, il cuscino, la testiera del letto. Di questa stanza indefinita si scorge, e più spesso si intuisce, solo la ristretta porzione immediatamente circostante i due corpi, isolati dalla stretta inquadratura creata dal formato orizzontale delle pagine. Il perimetro del foglio taglia fuori lo spazio fisico ma esclude anche il tempo, è un rifugio che protegge i due amanti mettendoli al riparo dalla realtà, da tutto il resto della loro vita, sospendendoli in un infinito presente in cui esistono solo l’uno per l’altra. Potrebbero essere due giovani che scoprono il sesso per la prima volta, avvicinandosi con circospezione, indugiando su ogni minimo gesto per assaporarne la novità e la sorpresa. Oppure due amanti che hanno finalmente trovato la possibilità di concretizzare un incontro clandestino tanto atteso e vi si abbandonano completamente. Potrebbe trattarsi di un ultimo appuntamento, che si vorrebbe non finisse mai perché si è consapevoli che non sarà più possibile ritrovare la stessa intimità. O ancora un amore rivissuto nel ricordo o soltanto immaginato per trovare un conforto alla propria solitudine. In definitiva, sembra che qui Mattotti abbia voluto distillare l’essenza stessa dell’amore, perché chiunque possa rispecchiarvisi. A tal fine ha lavorato per sottrazione, non solo riducendo all’osso i dettagli di ciascuna tavola ma rinunciando anche al colore. Il medesimo tema dei due amanti verrà ripreso anche in Stanze e Nell’acqua ma i due lavori successivi potranno contare sugli effetti cromatici e sulle variazioni tecnico-stilistiche con funzione espressiva, mentre qui a variare sono solo il tratto della matita, da marcato a leggerissimo, che determina gli effetti di chiaroscuro e la plasticità dei volumi, nonché le proporzioni tra pieni e vuoti, con una decisa prevalenza di questi ultimi. In un’atmosfera satura di dolcezza e desiderio, l’uomo e la donna si scambiano baci e carezze, si avvicinano e si allontanano, si fermano a guardarsi negli occhi e a parlarsi lasciandoci immaginare le loro parole, si sfiorano appena e poi tornano a stringersi. Ciascuno studia l’altro per tentare di capire cosa pensi, cosa provi e attraverso i gesti ricostruiamo l’avvicendarsi delle loro sensazioni, l’eccitazione, la foga, la quiete dopo la passione, e ancora la tenerezza, la riflessione, il dubbio, l’affacciarsi di una sottile angoscia, forse la paura di perdersi. Gli amanti non appaiono mai completamente nudi e solo di rado si intravedono le parti intime del corpo femminile, a suggerire che è il lento svelarsi del corpo a nutrire il desiderio. Lo sguardo con cui siamo portati a identificarci è quello maschile, non tanto perché sappiamo che è un uomo l’autore del libro quanto perché si indugia maggiormente sulla nudità femminile e alla fine, nelle ultime due tavole, è l’uomo a rimanere solo. Nella penultima immagine, lo vediamo dormire rannicchiato, mentre la donna è seduta sul bordo del letto, tagliata fuori dai margini del foglio. Di lei si scorge solo una porzione della schiena voltata, con un lembo di pelle scoperto nell’atto di chinarsi per rivestirsi. Si è creata una distanza tra gli amanti e la separazione avviene senza un saluto, finché nell’ultimo disegno il corpo dell’uomo appare chiuso in sé stesso, avvolto nell’ombra nonostante il chiarore del giorno che entra dalla finestra. L’attimo è passato: presto il tempo tornerà a scorrere come sempre. Anche lui si alzerà e uscirà dalla stanza.
Francesca Del Moro
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